PALAZZO LORETO

Palazzo Loreto è uno dei rari esempi di musei regionali in scala reale ed è sede di diverse associazioni. Si trova nella zona settecentesca del paese ed è collocato all’interno della cortina edilizia che delimita Corso Umberto I. E’ stato abitato da una famiglia prestigiosa del posto ed attualmente ne ha pieno possesso il Comune di Guardialfiera.

Essendo parte dell’itinerario “Giubileo della Luce”,         fa da traino a tutti gli edifici storici del comune e la sua particolarità sta nell’essere concepito come un percorso.  Questo palazzo è arredato in maniera spartana, ma adornato da brune travi in legno settecentesche. Nella facciata principale presenta un portale solenne con arco a tutto sesto (opera dei più noti scalpellini del luogo), con un elegante e signorile chiave di volta e dai leggiadri piedritti. Ai lati, invece, sono presenti due porte con arco a sesto ribaltato. Dal punto di vista architettonico questo edificio nobiliare settecentesco presenta una disposizione planimetrica del fabbricato su pianta rettangolare, con la presenza di un giardino nella parte retrostante.

Si articola su 4 livelli costituiti da: piano interrato, adibito a cantina ,con copertura a volta; piano terra, costituito da un grande atrio principale con volta a crociere su cui si innesta una scalinata per l’accesso ai piani nobiliari; primo piano, dove è presente un maestoso camino con maioliche originali ed infine il secondo piano. Il secondo piano è costituito da un atrio che presenta una poderosa lastra delle cave del Paese, dove si ricostruisce quella che era la leggendaria civiltà della pietra guardiese industriale e ornamentale. Questa ricostruzione è impreziosita dalla presenza del “completus” dell’attrezzatura utilizzata in passato per l’estrazione e la lavorazione della roccia, risalente ai secoli XIX e XX. Lateralmente ,invece, vi è l’angolo degli strumenti del secolo scorso. Scostato a sinistra sono presenti le più larghe “Tracce della nostra arcaica vita contadina”. Dentro teche di cristallo, infine, sono presenti le reliquie di Francesco Jovine: i certificati esistenziali e il banco di scuola su cui sedevano i suoi alunni guardiesi negli anni ’20.

 

 



IL PONTE DI SANT’ANTONIO (Ponte di Annibale)

Nel 1976/77 le acque del Biferno inondarono i terreni a monte della diga di Ponte Liscione formando quello che oggi è il Lago di Guardialfiera. Vennero così sommersi non solo gli orti – “i Giardini”- ma anche i resti dell’antico ponte di Sant’Antonio o, meglio noto, come ponte di Annibale. Il ponte è del periodo angioino intorno al 1200. Secondo i registri angioini è un ponte ricostruito in quegli anni su un antico ponte romano danneggiato da una piena del fiume Biferno.

Nell’800 il ponte giaceva su un’isola (Iscla, Ischia del ponte) formatasi per il continuo mutar di percorso del Biferno. Nell’ampia pianura che iniziava a valle della confluenza con il torrente Cervaro, il Biferno anticamente si divideva in due rami che, riunendosi alle falde di Monte Peloso, formavano una vasta isola in cui si distingueva, ben emergente dal terreno, un’arcata dell’antico Ponte di Sant’Antonio.

Tale denominazione trae origine da una chiesa esistente nella zona, dedicata a Sant’Antonio di Vienna. La chiesa possedeva nell’area terreni con numerose piante di olivi e compare negli inventari dei beni della diocesi guardiese del 1632 e del 1700. Sorgeva sulla sinistra del torrente Cervaro, a qualche centinaio di metri dalla confluenza del torrente stesso con il fiume Biferno. Non più consacrata al culto, la chiesa, fu ridotta verosimilmente ad abitazione rurale e, ancora oggi, quando il livello del lago scende di quota se ne possono vedere i resti murari.

Dalle foto dell’epoca si rileva soprattutto la grandezza del ponte che emergeva, quasi gigantesco, dalle acque del fiume Biferno in piena. La sua mole ed il rivestimento di pietre bianche lo rendevano ben visibile da tutte le colline che circondavano la valle. Nessuna traccia, invece, vi è della strada che certamente esso doveva servire. Doveva essere di certo una strada importante se si considerano le dimensioni notevoli del ponte la cui arcata superstite ha una luce di oltre diciotto metri.

Una riproduzione in miniatura del Ponte è collocata nella Villetta comunale. Oggi, durante i periodi di secca, la sommità dell’arcata dell’antico ponte riemerge dalle acque del lago, offrendo uno straordinario spettacolo a chi si trova a percorrere la Bifernina.

Una piccola traccia del nostro passato e della nostra storia.

 

CURIOSITA’

PERCHE’ PONTE DI ANNIBALE?

La tradizione vuole che su questo ponte passò il condottiero cartaginese Annibale con le sue truppe per attraversare il Biferno nel recarsi nelle Puglie durante la seconda guerra punica.

Il Masciotta nel suo “Il Molise dalle origini ai nostri giorni”, così scrive:La costruzione del Ponte di S. Antonio … risale forse ai primi tempi angioini, se non pure senz’altro all’epoca romana, come il suo magistero murario autorizzerebbe ad opinare”. Nei “Regesta angioini” è presente un documento che sembra avvalorare l’ipotesi del Masciotta: “Essendo stato abbattuto dalla piena del fiume Biferno un ponte presso Guardia(alfiera), maestro Roberto di Giovanni da Guardia con oblazioni raccolte ne aveva iniziato la ricostruzione; ma, essendo stato derubato di molti materiali, ricorse al re (Carlo I d’Angiò), il quale ordina ai Baroni e agli abitanti del contado di Molise di non toccare i materiali del ponte, sotto pena di dieci once d’oro. Datum in obsidione Luceris, XX agusti, XII ind. (anno 1269)”.(Registri della Cancelleria Angioina a cura di R. Filangeri, Napoli 1950-1957, Vol II, pag. 175, par.695)

D’altronde, l’idea che Annibale abbia attraversato il Biferno in questa zona non è poi così peregrina se si considera questo passo di Polibio: “Il comandante Annibale, informato dagli esploratori che nella campagna intorno a Lucera e Geronio c’era molto frumento e che Geronio era un luogo per natura adatto per raccogliervelo, giudicando di svernare colà, marciò ai piedi del Monte Liburno (l’attuale Monte Mauro) verso le predette città” (Capitolo cento del libro terzo delle “Historiae” di Polibio).

“PIEDICASTELLO”

Piedicastello” è il centro storico di Guardialfiera e si sviluppa naturalmente seguendo le dorsali della collina.

La compattezza edilizia è una delle caratteristiche di quest’area, le cui architetture si raggruppano secondo forti differenze altimetriche, determinando un tessuto connettivo a scale, al cui apice sorge la chiesa di Santa Maria Assunta con il suo svettante campanile.

L’orografia del sito, ha condizionato lo sviluppo urbanistico di Piedicastello, dove la toponomastica suggerisce la preesistenza, già in tempi remoti, di un organismo architettonico emergente rispetto all’architettura più modesta del contesto. Ad attestare l’esistenza di un’architettura fortificata è il nome di Guardia e la stessa fisionomia della Chiesa, caratterizzata da massicce strutture murarie e da elementi tipici dell’architettura di difesa. Da qui il nome “Piedicastello”, utilizzato tutt’oggi per indicare questo nucleo del paese.

In passato infatti Piedicastello era circondato da mura di cinta, aveva tre porte di accesso (due principali e una accessoria), tre piccole torri, un carcere, una gogna per i condannati alla berlina, un mulino, un ospedale per i poveri, il palazzo vescovile, il seminario e un edificio turrito residenza del feudatario. Su porzioni di mura di cinta erano innestate le abitazioni e, attraverso queste, passaggi sotterranei consentivano il transito dal palazzo vescovile all’esterno, verso le fitte foreste che un tempo circondavano in centro abitato.

Ciò che rimane ai nostri giorni della Piedicastello di un tempo, sono case in pietra con un’architettura semplice, povera e spontanea che si fiancheggiano lungo la direttrice del pendio collinare più ripido. I prospetti di queste case sono spesso caratterizzati da portali in pietra, scolpiti da quelli che un tempo erano gli scalpellini locali, e da piccoli balconi con parapetti in ferro battuto. E proprio tra queste abitazioni, vi è la casa natale dello scrittore Francesco Jovine. In questo antico borgo sulla roccia si sviluppano vicoli pietrosi e scoscesi che originano percorsi in parte paralleli, in parte sinuosi, quasi sempre caratterizzati da rampe. Una di queste vie di Piedicastello è Via Carlo Romeo, dedicata all’illustre cittadino guardiese, giovane poeta, giurista e martire della libertà nella rivoluzione partenopea del 1799.

L’impianto urbanistico successivo al primo nucleo di Piedicastello si è sviluppato a partire dal XVIII secolo, ampliandosi nel corso del XIX secolo lungo la dorsale collinare verso nord. L’andamento sinuoso del territorio ha permesso così la conformazione attuale di Guardialfiera, che dall’altro richiama quella di un grosso ramarro sdraiato.

CURIOSITA’

Da più di 30 anni la Pro Loco Guardialfiera organizza, lungo il borgo antico, il Presepe Vivente, uno tra i presepi storici più importanti del Molise. Durante il periodo natalizio infatti, Piedicastello si trasforma nella Betlemme di 2000 anni fa, facendo rivivere antichi mestieri e sapori.  Il Presepe vivente rappresenta infatti, una tradizione natalizia molto sentita per i guardiesi perché è un importante momento di aggregazione sociale e di condivisione culturale con i visitatori. Varcate le porte del castello, il visitatore diventa al tempo stesso spettatore e personaggio. Si riaprono molte porte per ospitare i figuranti delle scene del presepe: una ricostruzione in costume della vecchia condizione di vita e dell’operosità degli artigiani, ormai quasi del tutto scomparsa. Ogni porta è uno scenario, episodi di vita che raccontano la quotidianità di un tempo passato. Abbiamo lo scalpellino, il fabbro, il mugnaio, il vasaio, i pastori, la filanda, la scuola, il mercato, la sinagoga… più di 30 scene con circa 180 figuranti. Lungo la suggestiva scalinata e i vicoli di Piedicastello, il visitatore è accompagnato nel cammino da musiche natalizie e nel giorno dell’Epifania, anche dal suono delle zampogne. Durante il percorso è possibile inoltre degustare vin brulè, caldarroste, ceci, pizza calda e i tipici “sfrngiun” ossia pasta di pane allungata e fritta. Alla fine della scalinata si arriva ai piedi dell’antica Cattedrale di Guardialfiera dove, nella suggestiva cripta romanica è rappresentata la natività.