Questi QR Code sono stati realizzati dai ragazzi del Servizio Civile Universale 2021-2022 della Pro Loco Guardialfiera, nell’ottica del programma di intervento “Le Pro Loco per la promozione del patrimonio culturale e la valorizzazione sostenibile dei territori“, che costituisce l’obiettivo generale del progetto “Dialetto molisano: un legame tra storia e identità territoriale”. Viviamo in un’epoca in cui tutto è digitale e la lingua, il modo in cui parliamo e scriviamo stanno mutando profondamente. Molte tradizioni, usanze e termini dialettali, ormai, rischiano di cadere in disuso ed estinguersi. Si è pensato così, di “digitalizzare” la storia e le informazioni principali del nostro paese per renderle più fruibile, non solo ai visitatori, ma anche alle persone del posto. Se infatti da un lato è importante promuovere e valorizzare il territorio, dall’altro non bisogna dimenticare la necessità di migliorare e salvaguardare la cultura locale, affinché questi beni immateriali non vengano dimenticati dalle nuove generazioni.
BIBLIOGRAFIA
A. ANTENUCCI, “Il Ponte di Annibale”, 2014.
A. ANTENUCCI, “Leone IX nella Valle del Biferno”, 2008.
A. ANTENUCCI, “San Gaudenzio Patrono di Guardialfiera”, II edizione, 2021.
N. ANTENUCCI, “Le parole raccontano. Vocabolario (a volte) etimologico di Guardialfiera”, 2018.
A. CARUSO, “Frammenti di memoria. L’antica Cattedrale di Guardialfiera”, 2005.
G. DI ROCCO, “A Guàrdeje e i Guardejuòle”, 2003.
G. DI ROCCO, “Guardialfiera tra memoria e speranza”, 1998.
E. LALLITTA, E. RICCI, “La Porta Santa di Guardialfiera”, 2021.
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia per parte del materiale fotografico: Angelo Antenucci, Antonio Antenucci, Federico Di Rocco, Michele Laezza, Nicola Trolio.
La Porta Santa di Guardialfiera, è una delle poche Porte Sante al mondo, oltre a quelle presenti nelle quattro basiliche patriarcali di Roma, alle quali è associato il lucro dell’Indulgenza Plenaria Perpetua, ossia la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati già rimessi per quanto riguarda la colpa, con la confessione. L’esistenza della Porta Santa è un dono e un privilegio che solo un Pontefice può concedere e, in questo caso, è dovuta al ruolo svolto dalla cittadina di Guardialfiera negli eventi storici e politici accaduti tra il X e XI secolo in Italia Meridionale. La tradizione vuole che Leone IX, nel giugno del 1053, nel recarsi nelle Puglie per contrastare l’avanzata dei Normanni che stavano minacciando l’integrità del regno longobardo, abbia sostato nella “rocca” di Guardia, accolto benevolmente dal popolo e dal feudatario del luogo; e il papa, per gratitudine, abbia donato alla cittadina un suo ritratto e, cosa rarissima e preziosa, concesso il Privilegio della Indulgenza della Porta Santa, una tra le più antiche della cristianità.
La Porta Santa si trova sul lato nord-est della Cattedrale e vi si accede tramite una gradinata laterale composta da 14 scalini, la cui costruzione è però risalente al 1926, anno di costruzione del campanile. Il portale di ingresso della “Porta Santa” è di stile gotico, con arco a sesto acuto e caratterizzato da conci lavorati con una modanatura che vede alternati tondini e gusci con capitelli a foglie d’acanto. Questo ingresso è stato ricostruito dopo il devastante terremoto del 1456 come altre parti di muratura della Chiesa. La Porta Santa, fatta interamente in bronzo, è costituita da due battenti che chiusi simulano un pannello unico delle dimensioni di 2,10 x 130 cm. Sulla porta sono riprodotti fedelmente alcuni intarsi di pietra collocate nella muratura esterna e interna della cattedrale di Guardialfiera. Questa nuova porta, realizzata dalla Pontificio Fonderia Marinelli, è stata donata dalla famiglia Ferro e inaugurata il 1° giugno 2021.
La Porta Santa viene infatti aperta, con una importante cerimonia religiosa officiata dal Vescovo, alla presenza delle più importanti cariche religiose ed istituzionali, la mattina del 1° Giugno di ogni anno, in occasione delle festività patronali, e chiusa il pomeriggio del 2 giugno. Resta invece chiusa in occasione degli anni giubilari quando sono aperte le Porte Sante delle Basiliche romane.
CURIOSITA’
A Guardialfiera, nei giorni in cui è aperta la Porta Santa, è usanza “farsi chemmàre e chembàre de Porta Sande” ossia comare e compari di Porta santa. È una tradizione antica, tramandata oralmente, molto sentita tutt’oggi. Al centro vi è la figura di San Giovanni Battista “Io vi battezzo con l’acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,15). Difatti, a Guardialfiera, quando si diventa compari nelle varie occorrenze come battesimo o cresima, si dice che “ce štà u San Geuànne”. Lo stesso succede per i compari di porta santa. Per diventare “chemmàre e chembàre de Porta Sande”, bisogna compiere per tre volte un vero e proprio cerimoniale seguendo un percorso circolare che inizia davanti la scalinata della Porta Santa. I “futuri compari”, sottobraccio e con spirito di devozione, recitano: “Scala sande, Porta Sande, Angele sande (riferimento all’angelo custode), Sandauedénzie sande (da notare la doppia “santificazione” riferita a San Gaudenzio, patrono di Guardialfiera), Padre, Figliuóle e Spirete sande” – “Scala santa, Porta Santa, Angelo santo, San Gaudenzio santo, Padre, Figliolo e Spirito santo”. Questa invocazione va ripetuta in diversi punti specifici del percorso, secondo l’ordine seguente: di fronte la scalinata della Porta Santa, precisamente prima di iniziare a salire i gradini; davanti l’entrata della Porta, prima di varcarne la soglia, dalla quale si accede successivamente all’interno della chiesa; ai piedi dell’altare e qui, una volta recitata la preghiera, si indietreggia senza mai dare la spalle al tabernacolo; e infine prima di uscire dalla cattedrale.
La fontana era un punto centrale della vita quotidiana guardiese: il semplice attingere all’acqua infatti, era un elemento importante per la vita stessa del paese. Qui si recavano le donne, non solo per prendere l’acqua per il bucato o per le faccende domestiche, ma anche per spequeleià (spettegolare). Si mettevano in fila ad aspettare il proprio turno e nell’attesa, rasceniàvan (conversavano) tra loro. Riempivano le tine (conca in rame con manici laterali), si mettevano a spare (canovaccio attorcigliato e messo sulla testa per favorire l’equilibrio degli oggetti che si trasportavano sul capo) in testa e su questa ponevano la conca. Camminavano fino alle loro case in equilibri perfetto, senza reggere il peso con le mani: era una vera e propria danza. La fontana fu costruita nel 1889 e istallata in Piazza Emanuele III (oggi Piazza F.Jovine), dove prima c’era la croce bianca che fungeva da simulacro per il saluto ai defunti nel loro ultimo viaggio verso il cimitero. Era alimentata dalla sorgente di Fonte Loreto che si trova in contrada Colle Falcone. Con l’arrivo dell’acquedotto comunale, che raggiungeva tutte le case, il ruolo della fontana divenne superfluo e così venne spostata vicino alla chiesetta della Madonnina. Solo successivamente venne riportata in paese e collocata dove si trova attualmente.
CANZONE: A FONTE DA GUARDIA – LA FONTE DI GUARDIALFIERA
A fonte da Guardia La fonte di Guardia È come u core, è come il cuore Là sprizze l’acqua lì sgorga l’acqua Là sprizze a more lì sgorga l’amore Però quell’acqua Però quell’acqua Nne stute a more non spegne l’amore Forse l’appicce forse l’accende Dent’a stu core(1) in questo cuore
A fonte da Guardia: La fonte di Guardia: Che bellezza, c’armonia! che bellezza, che armonia! Là sprizze l’acqua lì sgorga l’acqua Là sprizze a simpatia. lì sgorga la simpatia. Mane ‘ncente, tine ‘ncape Mani alla cintura, conca sulla testa Sonne tutte ‘nnammurate Sono tutte innamorate, Sonne tutte ‘nnammurate sono tutte innamorate,
Che guagliune ’n quella fonte! Che ragazze in quella fonte! Che bellezze, c’armonia! Che bellezze, che armonia! Roscie, brune, secche o tonne, Rosse, brune, snelle o tonde ma sò tutte na uilia. ma son tutte un desiderio. Mane ‘ncente, tine ‘ncape(2) mani alla cintura, conca sulla testa guarde, guarde llà guaglione! guarda, guarda quella ragazza! Posa a tine a cercà a more Posa la conca per cercare l’amore Mentre u core fa tic tac. mentre il cuore fa tic tac.
Tic tac, cade l’acqua Tic tac, cade l’acqua Dente a tine fa tic tac; Nella conca fa tic tac; Tic tac fa pure u core Tic tac fa pure il cuore dente u piétte fa(3) l’amore. nel petto fa(3) l’amore.
La fonte da Guardia: La fonte di Guardia: Che bellezza, ch’armonia! Che bellezza, che armonia! Là sprizze l’acqua lì sgorga l’acqua Là sprizze a simpatia. lì sgorga la simpatia. Mane ‘ncente, tine ‘ncape Mani alla cintura, conca sulla testa. Sonne tutte ‘nnammurate Sono tutte innamorate, Sonne tutte ‘nnammurate sono tutte innamorate, _________________________________________________ (1) Tra core e core – Tra cuore e cuore (2) Spare ncape – Cercine sulla testa (3) Sta Sta
Chi percorre la Bifernina imboccando il viadotto che attraversa il Lago, vede distendersi sopra il crinale di una collina, sulla sponda sinistra del fiume, un piccolo paese: Guardialfiera.
La sua origine viene fatta risalire all’epoca longobarda, tra l’VIII e X secolo, mentre la sua denominazione dà luogo a diverse interpretazioni. L’ipotesi di gran lunga più plausibile è che la “Guardia”, ossia il castello, con alcune abitazioni e il territorio circostante, fosse feudo di un certo Alferio o Adalferio, conte di Larino nel 1049.
Volendo ripercorre brevemente la storia di Guardialfiera, la sede vescovile di Guardialfiera fu fondata nel 1061 da papa Alessandro II, probabilmente in riconoscimento del ruolo della cittadina negli eventi del giugno del 1053, quando papa Leone IX dovette raggiungere le Puglie per contrastare l’avanzata dei Normanni. Nel 1780, ai tempi di Carlo Romeo, martire guardiese della libertà nella rivoluzione partenopea, Guardialfiera si fregiava col titolo di Città assieme soltanto a Campobasso, Isernia, Bojano e Triveneto. Ai tempi degli Svevi fu feudo dei Conti del Molise e, con gli Angioini, fu concessa alla Famiglia Di Soliaco di origine franca. Nel 1793 Costantino Lemaitre acquistò il feudo di Guardialfiera e, proprio i Lemaitre, ne furono gli ultimi feudatari fino a quando il sistema feudale fu soppresso nel 1806.
Nel corso dei secoli, la conformazione di Guardialfiera ha subito notevoli trasformazioni. Inizialmente era costituita da un’unica fortezza a guardia della valle dei Biferno, successivamente intorno al castello, vennero costruite la Chiesa e le prime case (ancora oggi la zona viene chiamata “Piedicastello”) circondate da mura di difesa. Nei primi dell’800 invece, Guardialfiera si è estesa e sviluppata anche oltre la cinta muraria seguendo la conformazione naturale del luogo.
Guardialfiera conta ad oggi 992 abitanti (i guardiesi – i guardejuòle), ha un clima salubre e vanta una posizione strategica, distando all’incirca 42 Km da Campobasso e 33 Km dalla cittadina adriatica di Termoli. Ha un agro di 43,16 Kmq, in parte coltivato (frumento, vigneti, uliveti) e in parte boschivo. Di notevole importanza turistica sono il bosco San Nazario ed il lago artificiale di Guardialfiera dal quale, negli aridi periodi estivi, riemerge la sommità del Ponte di Sant’Antonio o Ponte di Annibale dove, secondo la tradizione, marciò Annibale con le sue truppe per recarsi nelle Puglie durante la seconda guerra punica.
Il patrono di Guardialfiera è San Gaudenzio che viene celebrato il 1° giugno, in concomitanza con l’apertura della Porta Santa, una tra le più antiche della cristianità. Altre tradizioni locali sono: la “Pasquetta” (notte del 5 gennaio), la festa di San Giuseppe (la domenica più vicina al 19 marzo) e il Presepe Vivente (durante il periodo natalizio nei pressi di Piedicastello).
“Quando l’appenino degrada verso il mare, con un rincorrersi placido di colline dolci e tondeggianti; quando l’acqua, gli alberi, il cielo si mettono a guardare tra loro ed a creare gentili prospettive di abituale bellezza; quando le visioni diventano semplici, lineari e fanno contrasto col solitario selvaggio vigore dei paesaggi montani, lì si sgranchisce Guardialfiera”. Questa è la descrizione di Guardialfiera fatta da Francesco Jovine. Tra i personaggi più illustri di Guardialfiera figura, per l’appunto Francesco Jovine (Guardialfiera 1902-Roma 1950), scrittore, giornalista e saggista italiano che ,con il suo realismo e verismo, descrive la vita contadina e celebra la propria terra .Tra le sue opere più importanti abbiamo “Signora Ava” e “Le Terre del Sacramento” – pubblicato pochi giorni dopo la sua morte – che vinse il premio Viareggio del 1950.
A Guardialfiera sono presenti diverse associazioni: A.S.D Guardialfiera Calcio che milita nel campionato regionale di Promozione, Centro Studi Molise, la compagnia teatrale “I Scapsctrat” e la Pro loco Guardialfiera. Dal dicembre 2020 Guardialfiera è anche entrata a far parte delle Città dell’Olio, associazione che si occupa della promozione, tutela e divulgazione della cultura dell’olio d’oliva e dei suoi territori di produzione.
In conclusione, si può affermare che un piccolo paese di poco meno di 1000 abitanti, custodisce una storia antichissima e un passato di notevole importanza. Una terra depositaria di bellezze naturali, di arte e antiche tradizioni…assolutamente da scoprire.
Sulla storia di San Gaudenzio, patrono di Guardialfiera, sono pochissimi i dati certi, moltissimi quelli incerti e sconosciuti. Certo è che nel gennaio del 1751 don Achille d’Elisiis, l’arciprete di Guardialfiera, andò a Roma per avere dal Papa Benedetto XIV le reliquie di un Santo. Si recò perciò nelle catacombe di Santa Priscilla e qui ebbe le ossa di un santo martire al quale diede il nome di Gaudenzio perché desse gioie e grazie al popolo guardiese. Messe le sacre reliquie in una cassetta di legno, si recò a Napoli dove l’aspettava l’abate don Oronzio Zappi. Andarono poi nel palazzo a Napoli del marchese di Guardialfiera e fecero benedire le sante reliquie dal vescovo Vito Moio di Muro Lucano e le deposero in una splendida urna d’argento. Nel pomeriggio di mercoledì 7 di aprile l’urna del Santo arrivò a Guardialfiera. Giunse dalla “via della montagna” e tutto il popolo gli andò incontro al “passo della Calcara”. Arrivata la processione davanti alla Cattedrale, prima di entrarvi, l’arcidiacono don Rocco Carlino, l’arciprete don Achille d’Elisiis e tutti gli altri membri del Capitolo proclamarono San Gaudenzio Patrono principale di Guardialfiera, stabilendo altresì di celebrarne perpetuamente la ricorrenza “con ogni espressione di giubilo e di allegrezza” il 1° giugno di ogni anno.
La festa del patrono è ancora oggi celebrata il primo di giugno e in concomitanza vi è la cerimonia di apertura della Porta Santa: due eventi particolarmente significativi per la comunità guardiese.
L’URNA DI SAN GAUDENZIO
L’urna d’argento con le sacre ossa del Patrono San Gaudenzio martire, si trova nella nicchia, contornata da fregi in pietra, opera dello scultore Renato Chiocchiodi Oratino -anno 2011. All’interno dell’urna vi è un documento che attesta che le ossa di San Gaudenzio, tratte dalle catacombe di Priscilla e date in dono alla chiesa di Guardialfiera da Papa Benedetto XIV, furono riposte nell’urna dal vescovo di Muro Lucano, monsignor Vito Moio. Il suddetto documento così riporta: “Sacra Corporis Invicti Martyris Xti Gaudentii Caput et Ossa ac Cineres hic jacent quae SS. D. N. P. B.tus XIV Sacrosanctae Cattedrali Eccl.ae Civitatis Guardialpheriae dono dedit ex coemeterio Priscillae extracta. Dein Neapoli ad preces Capituli Guardien, Civiumque in hac praetiosa argentea urna per Dignissimum Ep.um Muranum Vitum Moio sita, deposita, collocata adorate, recolite Cives, Populique Guardienses exterique”.
CURIOSITA’: I CINQUE MIRACOLI DI SAN GAUDENZIO
Sono cinque testimonianze di altrettanti “miracoli” raccolte il 18 aprile 1751 dal notaio Leonardo de Quiciis. I miracolati dichiarano al notaio e davanti a testimoni come, sofferenti da anni di vari malanni, abbiano riacquistato “la pristina sanità” dal Signore Iddio per intercessione di San Gaudenzio.
Tra la folla che si riversa nella cattedrale dopo il solenne ingresso dell’urna vi è Antonia Colacicco, di Colle d’Anchise, ma da più anni residente a Guardialfiera, che “… da circa quattro anni …è stata travagliata da dolore di sciatica, avendo perso in una coscia il moto e resa per tal causa affatto inabile sì al poter camminare com’anche reggersi all’impiedi…”. Si è fatta condurre in chiesa con una segreta speranza. Fatto voto a San Gaudenzio, lo prega umilmente e fervidamente di ottenere dal Signore Iddio la guarigione dal suo male. E mentre prega si sente guarita, si alza e si mette a camminare per la chiesa fra lo stupore di tutti i presenti.
San Gaudenzio, già prima del suo arrivo a Guardialfiera compie un miracolo. Barbara Principe di Guardialfiera da più di un anno è afflitta da atroci dolori conseguenti ad un “infelice parto”. I canonici, durante una apposita cerimonia religiosa in cattedrale, hanno annunziato al popolo che il Signore Iddio si è degnato di onorare la città “…per sua infinita misericordia…” col sacro corpo del glorioso martire di Gesù Cristo San Gaudenzio e che i sacri resti stanno per giungere a Guardialfiera. Barbara Principe apprende tutto questo dal marito e nel clima di religiosa attesa, pervasa da profonda fede, prega perché guarisca o muoia e fa voto al santo “… nel caso gli ottenga la bramata sanità…” di andargli incontro al suo arrivo a piedi “scalzi e nudi”. Prega con fervore e guarisce! E nel giorno dell’arrivo di San Gaudenzio adempie al voto; gli si reca incontro “a piedi scalzi e nudi al Vallone della Foresta al Passo della Calcara”.
La notizia dell’arrivo dei sacri resti di San Gaudenzio a Guardialfiera si sparge per tutta la diocesi. Ad Acquaviva Carlo Natarelli, colpito da emiplegia ad un piede ed al braccio sinistro “…sì da non potersi reggersi in piedi, né muovere il braccio stesso…”, apprende dell’arrivo del sacro corpo di San Gaudenzio a Guardia e infervorato si butta faccia a terra e prega il santo martire d’intercedere presso il Signore Iddio per la sua guarigione. Il tredici di aprile si reca a Guardialfiera accompagnato da compaesani, entra nella cattedrale e mentre prega davanti all’altare maggiore dove è stata deposta la sant’urna, “…s’intese per la persona un calore ed un impulso ad alzarsi…” e, completamente guarito, prende a camminare per la chiesa e a muovere il braccio malato fra lo stupore dei presenti e dei compaesani che lo avevano accompagnato ed aiutato durante il viaggio.
Anche a Palata la notizia dell’arrivo dei Sacri Resti di San Gaudenzio suscita giubilo e speranze. Leonardo di Stante “… da circa sei mesi che continuamente è stato travagliato nelle giunture del ginocchio sinistro sotto del quale gli si è formato un grandissimo tumore con uno spasmodico dolore, senza poterlo affatto toccare, né muoverlo…”, fa voto al santo martire, si reca a cavallo a Guardialfiera ed in chiesa, davanti all’altare maggiore ove è stata collocata l’urna del santo, si butta faccia a terra piangendo e pregando di essere guarito. E proprio mentre dal sacerdote si eleva la sacrosanta Ostia Consacrata, Leonardo di Stante sente il ginocchio muoversi e l’impulso ad alzarsi e si mette a camminare.
Anche Tommaso di Santo, pure di Palata, “… da due anni continui è stato costretto a giacere nel letto a causa di continui dolori e tremori alle ginocchia non potendo affatto sostenersi all’impiedi, neppure appoggiato…”, apprende dell’arrivo a Guardialfiera del glorioso martire San Gaudenzio e decide di farsi condurre nella città ed in cattedrale. Qui, davanti alle sacre reliquie fa voto, prega e piange: chiamato un canonico della cattedrale si confessa e prende la comunione, si fa ungere le ginocchia con l’Olio Santo e subito “… intese un gran calore nelle giunture e gridando grazia ad alta voce, s’alzò all’impiedi e senza appoggio veruno, principiò a camminare per la chiesa con gran stupore de circostanti…”.
Nel 1976/77 le acque del Biferno inondarono i terreni a monte della diga di Ponte Liscione formando quello che oggi è il Lago di Guardialfiera. Vennero così sommersi non solo gli orti – “i Giardini”- ma anche i resti dell’antico ponte di Sant’Antonio o, meglio noto, come ponte di Annibale. Il ponte è del periodo angioino intorno al 1200. Secondo i registri angioini è un ponte ricostruito in quegli anni su un antico ponte romano danneggiato da una piena del fiume Biferno.
Nell’800 il ponte giaceva su un’isola (Iscla, Ischia del ponte) formatasi per il continuo mutar di percorso del Biferno. Nell’ampia pianura che iniziava a valle della confluenza con il torrente Cervaro, il Biferno anticamente si divideva in due rami che, riunendosi alle falde di Monte Peloso, formavano una vasta isola in cui si distingueva, ben emergente dal terreno, un’arcata dell’antico Ponte di Sant’Antonio.
Tale denominazione trae origine da una chiesa esistente nella zona, dedicata a Sant’Antonio di Vienna. La chiesa possedeva nell’area terreni con numerose piante di olivi e compare negli inventari dei beni della diocesi guardiese del 1632 e del 1700. Sorgeva sulla sinistra del torrente Cervaro, a qualche centinaio di metri dalla confluenza del torrente stesso con il fiume Biferno. Non più consacrata al culto, la chiesa, fu ridotta verosimilmente ad abitazione rurale e, ancora oggi, quando il livello del lago scende di quota se ne possono vedere i resti murari.
Dalle foto dell’epoca si rileva soprattutto la grandezza del ponte che emergeva, quasi gigantesco, dalle acque del fiume Biferno in piena. La sua mole ed il rivestimento di pietre bianche lo rendevano ben visibile da tutte le colline che circondavano la valle. Nessuna traccia, invece, vi è della strada che certamente esso doveva servire. Doveva essere di certo una strada importante se si considerano le dimensioni notevoli del ponte la cui arcata superstite ha una luce di oltre diciotto metri.
Una riproduzione in miniatura del Ponte è collocata nella Villetta comunale. Oggi, durante i periodi di secca, la sommità dell’arcata dell’antico ponte riemerge dalle acque del lago, offrendo uno straordinario spettacolo a chi si trova a percorrere la Bifernina.
Una piccola traccia del nostro passato e della nostra storia.
CURIOSITA’
PERCHE’ PONTE DI ANNIBALE?
La tradizione vuole che su questo ponte passò il condottiero cartaginese Annibale con le sue truppe per attraversare il Biferno nel recarsi nelle Puglie durante la seconda guerra punica.
Il Masciotta nel suo “Il Molise dalle origini ai nostri giorni”, così scrive: “La costruzione del Ponte di S. Antonio … risale forse ai primi tempi angioini, se non pure senz’altro all’epoca romana, come il suo magistero murario autorizzerebbe ad opinare”. Nei “Regesta angioini” è presente un documento che sembra avvalorare l’ipotesi del Masciotta: “Essendo stato abbattuto dalla piena delfiume Biferno un ponte presso Guardia(alfiera), maestro Roberto di Giovanni da Guardia con oblazioni raccolte ne aveva iniziato la ricostruzione; ma, essendo stato derubato di molti materiali,ricorse al re (Carlo I d’Angiò), il quale ordina ai Baroni e agli abitanti del contado di Molise di nontoccare i materiali del ponte, sotto pena di dieci once d’oro. Datum in obsidione Luceris, XX agusti, XII ind. (anno 1269)”.(Registri della Cancelleria Angioina a cura di R. Filangeri, Napoli 1950-1957, Vol II, pag. 175, par.695)
D’altronde, l’idea che Annibale abbia attraversato il Biferno in questa zona non è poi così peregrina se si considera questo passo di Polibio: “Il comandante Annibale, informato dagli esploratori che nella campagna intorno a Lucera e Geronio c’era molto frumento e che Geronio era un luogo per natura adatto per raccogliervelo, giudicando di svernare colà, marciò ai piedi del Monte Liburno (l’attuale Monte Mauro) verso le predette città” (Capitolo cento del libro terzo delle “Historiae” di Polibio).
“Piedicastello” è il centro storico di Guardialfiera e si sviluppa naturalmente seguendo le dorsali della collina.
La compattezza edilizia è una delle caratteristiche di quest’area, le cui architetture si raggruppano secondo forti differenze altimetriche, determinando un tessuto connettivo a scale, al cui apice sorge la chiesa di Santa Maria Assunta con il suo svettante campanile.
L’orografia del sito, ha condizionato lo sviluppo urbanistico di Piedicastello, dove la toponomastica suggerisce la preesistenza, già in tempi remoti, di un organismo architettonico emergente rispetto all’architettura più modesta del contesto. Ad attestare l’esistenza di un’architettura fortificata è il nome di Guardia e la stessa fisionomia della Chiesa, caratterizzata da massicce strutture murarie e da elementi tipici dell’architettura di difesa. Da qui il nome “Piedicastello”, utilizzato tutt’oggi per indicare questo nucleo del paese.
In passato infatti Piedicastello era circondato da mura di cinta, aveva tre porte di accesso (due principali e una accessoria), tre piccole torri, un carcere, una gogna per i condannati alla berlina, un mulino, un ospedale per i poveri, il palazzo vescovile, il seminario e un edificio turrito residenza del feudatario. Su porzioni di mura di cinta erano innestate le abitazioni e, attraverso queste, passaggi sotterranei consentivano il transito dal palazzo vescovile all’esterno, verso le fitte foreste che un tempo circondavano in centro abitato.
Ciò che rimane ai nostri giorni della Piedicastello di un tempo, sono case in pietra con un’architettura semplice, povera e spontanea che si fiancheggiano lungo la direttrice del pendio collinare più ripido. I prospetti di queste case sono spesso caratterizzati da portali in pietra, scolpiti da quelli che un tempo erano gli scalpellini locali, e da piccoli balconi con parapetti in ferro battuto. E proprio tra queste abitazioni, vi è la casa natale dello scrittore Francesco Jovine. In questo antico borgo sulla roccia si sviluppano vicoli pietrosi e scoscesi che originano percorsi in parte paralleli, in parte sinuosi, quasi sempre caratterizzati da rampe. Una di queste vie di Piedicastello è Via Carlo Romeo, dedicata all’illustre cittadino guardiese, giovane poeta, giurista e martire della libertà nella rivoluzione partenopea del 1799.
L’impianto urbanistico successivo al primo nucleo di Piedicastello si è sviluppato a partire dal XVIII secolo, ampliandosi nel corso del XIX secolo lungo la dorsale collinare verso nord. L’andamento sinuoso del territorio ha permesso così la conformazione attuale di Guardialfiera, che dall’altro richiama quella di un grosso ramarro sdraiato.
CURIOSITA’
Da più di 30 anni la Pro Loco Guardialfiera organizza, lungo il borgo antico, il Presepe Vivente, uno tra i presepi storici più importanti del Molise. Durante il periodo natalizio infatti, Piedicastello si trasforma nella Betlemme di 2000 anni fa, facendo rivivere antichi mestieri e sapori. Il Presepe vivente rappresenta infatti, una tradizione natalizia molto sentita per i guardiesi perché è un importante momento di aggregazione sociale e di condivisione culturale con i visitatori. Varcate le porte del castello, il visitatore diventa al tempo stesso spettatore e personaggio. Si riaprono molte porte per ospitare i figuranti delle scene del presepe: una ricostruzione in costume della vecchia condizione di vita e dell’operosità degli artigiani, ormai quasi del tutto scomparsa. Ogni porta è uno scenario, episodi di vita che raccontano la quotidianità di un tempo passato. Abbiamo lo scalpellino, il fabbro, il mugnaio, il vasaio, i pastori, la filanda, la scuola, il mercato, la sinagoga… più di 30 scene con circa 180 figuranti. Lungo la suggestiva scalinata e i vicoli di Piedicastello, il visitatore è accompagnato nel cammino da musiche natalizie e nel giorno dell’Epifania, anche dal suono delle zampogne. Durante il percorso è possibile inoltre degustare vin brulè, caldarroste, ceci, pizza calda e i tipici “sfrngiun” ossia pasta di pane allungata e fritta. Alla fine della scalinata si arriva ai piedi dell’antica Cattedrale di Guardialfiera dove, nella suggestiva cripta romanica è rappresentata la natività.