XXXV Edizione del Presepe Vivente

 
✨✨Ritorna la magia del Presepe Vivente di Guardialfiera✨✨✨
Appuntamento imperdibile per vivere momenti emozionanti immergendosi nell’atmosfera natalizia del suggestivo antico borgo del Paese.
 
  • martedì 26 dicembre 2023, dalle ore 17:30 alle 20:00
  • sabato 30 dicembre 2023, dalle ore 17:30 alle 20:00
  • lunedì 1º gennaio 2024, dalle ore 17:30 alle 20:00
  • sabato 6 gennaio 2024, ore 17:00 partenza dei Re Magi

Costo del biglietto € 2,00

XXXIV Edizione del Presepe Vivente

 
✨✨Ritorna la magia del Presepe Vivente di Guardialfiera✨✨✨
Appuntamento imperdibile per vivere momenti emozionanti immergendosi nell’atmosfera natalizia del suggestivo antico borgo del Paese.
 
  • lunedì 26 dicembre 2022, dalle ore 17:30 alle 20:00
  • martedì 27 dicembre 2022, dalle ore 17:30 alle 20:00
  • domenica 1º gennaio 2023, dalle ore 17:30 alle 20:00
  • venerdì 6 gennaio 2023, ore 17:00 partenza dei Re Magi

Costo del biglietto € 1,00

IL PROGETTO

IL PROGETTO

Questi QR Code sono stati realizzati dai ragazzi del Servizio Civile Universale 2021-2022 della Pro Loco Guardialfiera, nell’ottica del programma di intervento “Le Pro Loco per la promozione del patrimonio culturale e la valorizzazione sostenibile dei territori“, che costituisce l’obiettivo generale del progetto “Dialetto molisano: un legame tra storia e identità territoriale”. Viviamo in un’epoca in cui tutto è digitale e la lingua, il modo in cui parliamo e scriviamo stanno mutando profondamente.  Molte tradizioni, usanze e termini dialettali, ormai, rischiano di cadere in disuso ed estinguersi. Si è pensato così, di “digitalizzare” la storia e le informazioni principali del nostro paese per renderle più fruibile, non solo ai visitatori, ma anche alle persone del posto.  Se infatti da un lato è importante promuovere e valorizzare il territorio, dall’altro non bisogna dimenticare la necessità di migliorare e salvaguardare la cultura locale, affinché questi beni immateriali non vengano dimenticati dalle nuove generazioni.

BIBLIOGRAFIA

  • A. ANTENUCCI, “Il Ponte di Annibale”, 2014. 
  • A. ANTENUCCI, “Leone IX nella Valle del Biferno”, 2008.
  • A. ANTENUCCI, “San Gaudenzio Patrono di Guardialfiera”, II edizione, 2021.
  • N. ANTENUCCI, “Le parole raccontano. Vocabolario (a volte) etimologico di Guardialfiera”, 2018.
  • A. CARUSO, “Frammenti di memoria. L’antica Cattedrale di Guardialfiera”, 2005.
  • G. DI ROCCO, “A Guàrdeje e i Guardejuòle”, 2003.
  • G. DI ROCCO, “Guardialfiera tra memoria e speranza”, 1998.
  • E. LALLITTA, E. RICCI, “La Porta Santa di Guardialfiera”, 2021.

 RINGRAZIAMENTI

Si ringrazia per parte del materiale fotografico: Angelo Antenucci, Antonio Antenucci, Federico Di Rocco, Michele Laezza, Nicola Trolio. 

Si ringrazia per i filmati Michele Laezza. 

LA PORTA SANTA

STORIA

La Porta Santa di Guardialfiera, è una delle poche Porte Sante al mondo, oltre a quelle presenti nelle quattro basiliche patriarcali di Roma, alle quali è associato il lucro dell’Indulgenza Plenaria Perpetua, ossia la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati già rimessi per quanto riguarda la colpa, con la confessione.
L’esistenza della Porta Santa è un dono e un privilegio che solo un Pontefice può concedere e, in questo caso, è dovuta al ruolo svolto dalla cittadina di Guardialfiera negli eventi storici e politici accaduti tra il X e XI secolo in Italia Meridionale. La tradizione vuole che Leone IX, nel giugno del 1053, nel recarsi nelle Puglie per contrastare l’avanzata dei Normanni che stavano minacciando l’integrità del regno longobardo, abbia sostato nella “rocca” di Guardia, accolto benevolmente dal popolo e dal feudatario del luogo; e il papa, per gratitudine, abbia donato alla cittadina un suo ritratto e, cosa rarissima e preziosa, concesso il Privilegio della Indulgenza della Porta Santa, una tra le più antiche della cristianità. 

La Porta Santa si trova sul lato nord-est della Cattedrale e vi si accede tramite una gradinata laterale composta da 14 scalini, la cui costruzione è però risalente al 1926, anno di costruzione del campanile. Il portale di ingresso della “Porta Santa” è di stile gotico, con arco a sesto acuto e caratterizzato da conci lavorati con una modanatura che vede alternati tondini e gusci con capitelli a foglie d’acanto. Questo ingresso è stato ricostruito dopo il devastante terremoto del 1456 come altre parti di muratura della Chiesa.
La Porta Santa, fatta interamente in bronzo, è costituita da due battenti che chiusi simulano un pannello unico delle dimensioni di 2,10 x 130 cm. Sulla porta sono riprodotti fedelmente alcuni intarsi di pietra collocate nella muratura esterna e interna della cattedrale di Guardialfiera. Questa nuova porta, realizzata dalla Pontificio Fonderia Marinelli, è stata donata dalla famiglia Ferro e inaugurata il 1° giugno 2021.

La Porta Santa viene infatti aperta, con una importante cerimonia religiosa officiata dal Vescovo, alla presenza delle più importanti cariche religiose ed istituzionali, la mattina del 1° Giugno di ogni anno, in occasione delle festività patronali, e chiusa il pomeriggio del 2 giugno. Resta invece chiusa in occasione degli anni giubilari quando sono aperte le Porte Sante delle Basiliche romane.

 

 

CURIOSITA’

A Guardialfiera, nei giorni in cui è aperta la Porta Santa, è usanza “farsi chemmàre e chembàre de Porta Sande” ossia comare e compari di Porta santa. È una tradizione antica, tramandata oralmente, molto sentita tutt’oggi. Al centro vi è la figura di San Giovanni Battista “Io vi battezzo con l’acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,15). Difatti, a Guardialfiera, quando si diventa compari nelle varie occorrenze come battesimo o cresima, si dice che “ce štà u San Geuànne”. Lo stesso succede per i compari di porta santa.
Per diventare “chemmàre e chembàre de Porta Sande”, bisogna compiere per tre volte un vero e proprio cerimoniale seguendo un percorso circolare che inizia davanti la scalinata della Porta Santa. I “futuri compari”, sottobraccio e con spirito di devozione, recitano: “Scala sande, Porta Sande, Angele sande (riferimento all’angelo custode), Sandauedénzie sande (da notare la doppia “santificazione” riferita a San Gaudenzio, patrono di Guardialfiera), Padre, Figliuóle e Spirete sande” – “Scala santa, Porta Santa, Angelo santo, San Gaudenzio santo, Padre, Figliolo e Spirito santo”.
Questa invocazione va ripetuta in diversi punti specifici del percorso, secondo l’ordine seguente: di fronte la scalinata della Porta Santa, precisamente prima di iniziare a salire i gradini; davanti l’entrata della Porta, prima di varcarne la soglia, dalla quale si accede successivamente all’interno della chiesa; ai piedi dell’altare e qui, una volta recitata la preghiera, si indietreggia senza mai dare la spalle al tabernacolo; e infine prima di uscire dalla cattedrale.

LA FONTANA

La fontana era un punto centrale della vita quotidiana guardiese: il semplice attingere all’acqua infatti, era un elemento importante per la vita stessa del paese. Qui si recavano le donne, non solo per prendere l’acqua per il bucato o per le faccende domestiche, ma anche per spequeleià (spettegolare). Si mettevano in fila ad aspettare il proprio turno e nell’attesa, rasceniàvan (conversavano) tra loro. Riempivano le tine (conca in rame con manici laterali), si mettevano a spare (canovaccio attorcigliato e messo sulla testa per favorire l’equilibrio degli oggetti che si trasportavano sul capo) in testa e su questa ponevano la conca. Camminavano fino alle loro case in equilibri perfetto, senza reggere il peso con le mani: era una vera e propria danza.
La fontana fu costruita nel 1889 e istallata in Piazza Emanuele III (oggi Piazza F.Jovine), dove prima c’era la croce bianca che fungeva da simulacro per il saluto ai defunti nel loro ultimo viaggio verso il cimitero. Era alimentata dalla sorgente di Fonte Loreto che si trova in contrada Colle Falcone. Con l’arrivo dell’acquedotto comunale, che raggiungeva tutte le case, il ruolo della fontana divenne superfluo e così venne spostata vicino alla chiesetta della Madonnina. Solo successivamente venne riportata in paese e collocata dove si trova attualmente.

 

 

 

 

CANZONE: A FONTE DA GUARDIA – LA FONTE DI GUARDIALFIERA

A fonte da Guardia                                        La fonte di Guardia                                       
È come u core,                                                è come il cuore
Là sprizze l’acqua                                          lì sgorga l’acqua
Là sprizze a more                                          lì sgorga l’amore
Però quell’acqua                                           Però quell’acqua
Nne stute a more                                         non spegne l’amore
Forse l’appicce                                              forse l’accende
Dent’a stu core(1)                                         in questo cuore

A fonte da Guardia:                                     La fonte di Guardia:
Che bellezza, c’armonia!                          che bellezza, che armonia!
Là sprizze l’acqua                                        lì sgorga l’acqua
Là sprizze a simpatia.                                lì sgorga la simpatia.
Mane ‘ncente, tine ‘ncape                      Mani alla cintura, conca sulla testa
Sonne tutte ‘nnammurate                     Sono tutte innamorate,
Sonne tutte ‘nnammurate                     sono tutte innamorate,

Che guagliune ’n quella fonte!             Che ragazze in quella fonte!
Che bellezze, c’armonia!                         Che bellezze, che armonia!
Roscie, brune, secche o tonne,           Rosse, brune, snelle o tonde
ma sò tutte na uilia.                                   ma son tutte un desiderio.
Mane ‘ncente, tine ‘ncape(2)                mani alla cintura, conca sulla testa
guarde, guarde llà guaglione!              guarda, guarda quella ragazza!
Posa a tine a cercà a more                    Posa la conca per cercare l’amore
Mentre u core fa tic tac.                         mentre il cuore fa tic tac.

Tic tac, cade l’acqua                                Tic tac, cade l’acqua
Dente a tine fa tic tac;                             Nella conca fa tic tac;
Tic tac fa pure u core                              Tic tac fa pure il cuore
dente u piétte fa(3) l’amore.                nel petto fa(3) l’amore.

La fonte da Guardia:                                La fonte di Guardia:
Che bellezza, ch’armonia!                    Che bellezza, che armonia!
Là sprizze l’acqua                                     lì sgorga l’acqua
Là sprizze a simpatia.                             lì sgorga la simpatia.
Mane ‘ncente, tine ‘ncape                   Mani alla cintura, conca sulla testa.
Sonne tutte ‘nnammurate                  Sono tutte innamorate,
Sonne tutte ‘nnammurate                  sono tutte innamorate,
_________________________________________________
(1) Tra core e core – Tra cuore e cuore
(2) Spare ncape – Cercine sulla testa
(3) Sta Sta

GUARDIALFIERA

Chi percorre la Bifernina imboccando il viadotto che attraversa il Lago, vede distendersi sopra il crinale di una collina, sulla sponda sinistra del fiume, un piccolo paese: Guardialfiera.

La sua origine viene fatta risalire all’epoca longobarda, tra l’VIII e X secolo, mentre la sua denominazione dà luogo a diverse interpretazioni. L’ipotesi di gran lunga più plausibile è che la “Guardia”, ossia il castello, con alcune abitazioni e il territorio circostante, fosse feudo di un certo Alferio o Adalferio, conte di Larino nel 1049.

Volendo ripercorre brevemente la storia di Guardialfiera, la sede vescovile di Guardialfiera fu fondata nel 1061 da papa Alessandro II, probabilmente in riconoscimento del ruolo della cittadina negli eventi del giugno del 1053, quando papa Leone IX dovette raggiungere le Puglie per contrastare l’avanzata dei Normanni.
Nel 1780, ai tempi di Carlo Romeo, martire guardiese della libertà nella rivoluzione partenopea, Guardialfiera si fregiava col titolo di Città assieme soltanto a Campobasso, Isernia, Bojano e Triveneto. Ai tempi degli Svevi fu feudo dei Conti del Molise e, con gli Angioini, fu concessa alla Famiglia Di Soliaco di origine franca. Nel 1793 Costantino Lemaitre acquistò il feudo di Guardialfiera e, proprio i Lemaitre, ne furono gli ultimi feudatari fino a quando il sistema feudale fu soppresso nel 1806.

Nel corso dei secoli, la conformazione di Guardialfiera ha subito notevoli trasformazioni. Inizialmente era costituita da un’unica fortezza a guardia della valle dei Biferno, successivamente intorno al castello, vennero costruite la Chiesa e le prime case (ancora oggi la zona viene chiamata “Piedicastello”) circondate da mura di difesa. Nei primi dell’800 invece, Guardialfiera si è estesa e sviluppata anche oltre la cinta muraria seguendo la conformazione naturale del luogo.

Guardialfiera conta ad oggi 992 abitanti (i guardiesi – i guardejuòle), ha un clima salubre e vanta una posizione strategica, distando all’incirca 42 Km da Campobasso e 33 Km dalla cittadina adriatica di Termoli. Ha un agro di 43,16 Kmq, in parte coltivato (frumento, vigneti, uliveti) e in parte boschivo.
Di notevole importanza turistica sono il bosco San Nazario ed il lago artificiale di Guardialfiera dal quale, negli aridi periodi estivi, riemerge la sommità del Ponte di Sant’Antonio o Ponte di Annibale dove, secondo la tradizione, marciò Annibale con le sue truppe per recarsi nelle Puglie durante la seconda guerra punica.

Il patrono di Guardialfiera è San Gaudenzio che viene celebrato il 1° giugno, in concomitanza con l’apertura della Porta Santa, una tra le più antiche della cristianità. Altre tradizioni locali sono: la “Pasquetta” (notte del 5 gennaio), la festa di San Giuseppe (la domenica più vicina al 19 marzo) e il Presepe Vivente (durante il periodo natalizio nei pressi di Piedicastello).

 

 

 

 

 

“Quando l’appenino degrada verso il mare, con un rincorrersi placido di colline dolci e tondeggianti; quando l’acqua, gli alberi, il cielo si mettono a guardare tra loro ed a creare gentili prospettive di abituale bellezza; quando le visioni diventano semplici, lineari e fanno contrasto col solitario selvaggio vigore dei paesaggi montani, lì si sgranchisce Guardialfiera”. Questa è la descrizione di Guardialfiera fatta da Francesco Jovine
Tra i personaggi più illustri di Guardialfiera figura, per l’appunto Francesco Jovine (Guardialfiera 1902-Roma 1950), scrittore, giornalista e saggista italiano che ,con il suo realismo e verismo, descrive la vita contadina e celebra la propria terra .Tra le sue opere più importanti abbiamo “Signora Ava” e “Le Terre del Sacramento” – pubblicato pochi giorni dopo la sua morte – che vinse il premio Viareggio del 1950.

A Guardialfiera sono presenti diverse associazioni: A.S.D Guardialfiera Calcio che milita nel campionato regionale di Promozione, Centro Studi Molise, la compagnia teatrale “I Scapsctrat” e la Pro loco Guardialfiera. Dal dicembre 2020 Guardialfiera è anche entrata a far parte delle Città dell’Olio, associazione che si occupa della promozione, tutela e divulgazione della cultura dell’olio d’oliva e dei suoi territori di produzione.

In conclusione, si può affermare che un piccolo paese di poco meno di 1000 abitanti, custodisce una storia antichissima e un passato di notevole importanza. Una terra depositaria di bellezze naturali, di arte e antiche tradizioni…assolutamente da scoprire.

SAN GIUSEPPE

Uno dei nomi più diffusi in paese è Giuseppe e chi porta questo nome se ne sente onorato, non per puro caso, ma per la forte devozione che si ha verso San Giuseppe, sposo di Maria e padre di Gesù. La liturgia ecclesiastica aveva fissato la Festa di San Giuseppe il 19 marzo, ma da qualche decennio è stata spostata alla domenica più vicina, riconosciuta anche come ” Festa del Papà ” . Questo giorno importante comprende la messa cantata, il panegirico di San Giuseppe, la processione, il suono della fanfara e i fuochi d’artificio. La festa inizia circa una settimana prima, con cerimonie solenni che si svolgono all’interno della chiesa di S. Giuseppe e con la distribuzione delle ” pagnottelle ” da parte delle famiglie che, con forte devozione, si impegnano nella preparazione.


LE PAGNOTTELLE DI SAN GIUSEPPE

Le pagnottelle sono  preparate e cotte nel forno di casa. La sera, prima dell’infornata, le famiglie coinvolte preparano tutti gli ingredienti e gli strumenti necessari per l’impasto, formato da farina di grano duro, acqua, sale e del lievito che fermenta la pasta. Al mattino presto le donne di casa si mettono a lavoro, beneficiando l’impasto nella “mesa” ( o ” a secchj ” ) di legno con un segno della croce prima di iniziare. La pasta viene poi cosparsa di semola e sistemata nella mastra dove, coperta da un panno bianco, viene lasciata riposare. Dopo qualche ora dalla lievitazione, viene preso l’impasto e sagomato in pagnottelle, tutte segnate con un simbolo cristiano; la fase finale è la cottura, dove le pagnottelle vengono messe nel forno a legna. Vengono spesso utilizzati ceppi d’ulivo e di quercia per alimentare il fuoco, perché questi non lasciano odore: l’ulivo in particolare che, inoltre, arde vigorosamente perché ricco d’olio.

Una settimana precedente la festa, delle famiglie devote cuociono i ” Sfrngiun “, fatti di pasta allungata e fritta in un padellone in acciaio, che vengono offerti alle persone, ma soltanto dopo essere stati portati alla Sacra Famiglia.

Tra i piatti tradizionali di questa festività troviamo anche la ” pasta di San Giuseppe “, distribuita per le case la mattina stessa. Sono bucatini fatti con il sugo rosso e ricoperti dalla mollica dorata del pane. Quest’ultima viene lasciata in forno finché non diventa croccante ( ecco perché “dorata” ) con un po’ d’olio, aglio e prezzemolo.


La festa di San Giuseppe nasce dal bisogno e dall’austerità, in tempi di carestia. Qui prende forma la carità cristiana, con lo scopo di aiutare la povera gente. In passato le famiglie era solite accumulare e risparmiare il più possibile, ma non in quei giorni: quei giorni, quasi a compensare il resto dell’anno, si viveva di generosità. Le famiglie più benestanti, durante il periodo della novena, distribuivano le pagnottelle anche due volte. Sempre in quegli anni una buona abitudine sconsigliava di prendere due pagnottelle dalla stessa famiglia, sapendo che altre persone, anche più bisognose, ne avevano diritto. Se si era fortunati, in una giornata si potevano mettere insieme anche dieci pagnottelle. La tradizione voleva che non venissero tagliate con il coltello, ma spezzate con le mani. Alle famiglie povere quasi non sembrava vero tornare a mangiare pane bianco, tra l’altro servito gratuitamente, dopo interi periodi passati a mangiare pizze di granone o di mais. Oggi come allora i bambini, raccolti sul posto, fanno la fila davanti il portone della padrona di casa, impazienti.

La statua del Santo lo rappresenta in maniera radiosa, mentre tiene in braccio il bambino Gesù. Il culto per San Giuseppe non si limita soltanto ad una forte devozione verso di lui, ma si amplia al concetto di “Sacra Famiglia” che rappresenta le fondamenta su cui si fonda ogni società.

 


LA TAVOLATA DI SAN GIUSEPPE

Le famiglie devote che si impegnano nei preparativi, per una tradizione tramandata dai genitori o per libera scelta, ospitano nelle loro case tre persone di diversa età e di umili condizioni economiche. Rappresentano La Sacra Famiglia, formata da Gesù, Giuseppe e Maria: Gesù perché è il figlio di Dio reincarnato, Maria perché colei che ha portato in grembo il figlio di Dio e Giuseppe, che simboleggia l’obbedienza che, per amore, ha accettato di crescere un figlio nato per mano di un altro, nutrendolo, allevandolo e accompagnandolo nella vita. Le 3 persone vengono infatti scelte dalla casa, o meglio, dalle persone che la vivono e che ospitano la Santa Famiglia, sicuramente tenendo conto della stima profonda che si prova per queste persone, dall’umiltà, dal modo di porsi, non solo verso la gente ma anche nei confronti della fede. Questi ultimi, raccolti in una stanza, consumano il pranzo in silenzio. Prima di iniziare e alla fine del pasto, la Sacra Famiglia, insieme ai padroni di casa, fanno una preghiera per lodare e ringraziare Dio del pasto donatogli.

Il pranzo è servito dal padrone di casa e comprende 13 pietanze :

1)Insalata di arancia con olio e zucchero; 2)Fagioli; 3)Ceci; 4)Verdura(rape); 5)Patate; 6)Riso; 7)Baccalà in umido; 8)Merluzzo; 9)Asparagi, funghi, lumache (serviti in un unico piatto); 10)Bucatini con mollica di pane e sugo di baccalà; 11)Insalata verde; 12)Merluzzo in agro-dolce; 13)Frutta.

Mentre la Sacra Famiglia consuma il pasto, in una stanza accanto, parenti, amici e tutti coloro che vogliono, mangiano in silenzio e con compostezza; sono loro stessi a decidere dove andare e dove mangiare, tra tutte le famiglie che si fanno avanti in questa tradizione. Una volta partita la Sacra Famiglia inizia il banchetto più rumoroso, più allegro.

E’ una tradizione fatta di devozione e umiltà che è anche uno schiaffo morale nei confronti dell’indifferenza e dell’egoismo.


CHIESA DI SAN GIUSEPPE

A Guardialfiera è presente una piccola chiesa che prende il nome del Santo. La Chiesa di San Giuseppe è molto antica, motivo per cui si conosce ben poco. Si sa soltanto che è stata riedificata nel 1880 e negli ultimi 30 anni sono stati fatti degli interventi recenti che l’hanno riportata al suo antico splendore. Sulla destra presenta una pietra con una scritta, datata 1658, che ci fa intendere quanto antica possa essere.

CATTEDRALE DI SANTA MARIA ASSUNTA

Sia per chi proviene dalla costa Adriatica che per il viaggiatore che da monte si dirige verso il mare, l’abitato antico di Guardialfiera si presenta compatto, incastonato nei colli , aggregato attorno all’ antica Cattedrale di S. Maria Assunta.

Vanta origini molto antiche (risalente al sec. XI). Sovrasta i caseggiati: la sua grandezza appare poderosa ed il campanile, in sintonia con il colle retrostante, ne accentua la sua verticalità e la sua essenza. Un’ampia scalinata ed una rampa fiancheggiano la chiesa e numerosi elementi romanici e gotici presenti sui muri esterni testimoniano che l’edificio ebbe uno sviluppo architettonico e decorativo di rilievo.


                                                                    LE ORIGINI
La chiesa è molto importante dal punto di vista storico, perché per otto lunghi secoli è stata una Diocesi. La Diocesi di Guardialfiera ebbe origine nel 1061 sotto Papa Alessandro II e rimase autonoma fino al 1818 sotto Papa Pio VII; fu quindi aggregata alla Diocesi di Termoli in seguito alla stipulazione del Concordato. Prima della costituzione della Diocesi, nello stesso sito della chiesa attuale, esisteva una costruzione religiosa altomedioevale, connessa all’ abitato originario di Guardialfiera che, all’inizio del secondo millennio, contava ben 16000 abitanti; questo fino al ‘700, dove rimasero poche centinaia. L’organismo architettonico in esame ha subìto molteplici ricostruzioni nel corso della sua storia, dalla costruzione religiosa altomedioevale (precedentemente citata) fino ad arrivare agli interventi recenti. Nel corso della storia diversi terremoti inflissero danni alla chiesa, in particolare quello del 1456. Ci danno conferma dei restauri avvenuti nel XV sec. le iscrizioni incise sulle lapidi, relative agli anni successivi a quella data. I portali del XV sec. sono caratterizzati dal sesto acuto gotico, come quello della Porta Santa, che riporta, inoltre, una scritta sopra di esso datata 1477. L’intervento di allora mirava a rinforzare le strutture, mantenendo l’impianto basilicale a tre navate, con un grande rosone, oggi murato, in corrispondenza del presbiterio sul lato nord-est. Elementi interni alla chiesa, come l’ acquasantiera e il fonte battesimale, presentano caratteri riconducibili al XVI secolo. Risale a questo periodo anche l’esistenza di un campanile, documentata nelle Relazioni dei Vescovi. Tale campanile era situato a sud, in corrispondenza del presbiterio. Fu abbattuto perché pericolante e la chiesa ne rimase priva per 85 anni; le campane furono sostenute da una struttura in legno situata davanti la chiesa; questo fino al 1925, anno in cui terminò la ricostruzione del campanile attuale, inserito nell’angolo nord-ovest. Nel ‘700 ci fu un consistente intervento in seguito a due calamità: l’epidemia di peste del 1656 e il terremoto del 1688, che contribuì al rinnovamento barocco della chiesa e all’arrivo delle reliquie di San Gaudenzio, che furono portate da due frati cappuccini direttamente dalle catacombe di S. Priscilla, donate dal Papa al Vescovo di Guardialfiera. Furono, inoltre, realizzati contestualmente i portali barocchi: quello ad ovest, datato 1761, quello a sud corrispondente alla cripta e quello dell’attuale ingresso principale. A partire dal 1865, prima degli interventi recenti, sono stati effettuati diversi lavori: l’atrio interno in legno (oggi ricostruito) posto sotto l’organo; la ricostruzione della balaustra (successivamente eliminata) che divideva l’area assemblare della presbiterale; l’intera ricostruzione del presbiterio e del coro. 


GLI INTERVENTI RECENTI

Dal 1975 ci sono stati i cosiddetti interventi recenti: sono state sanate le infiltrazioni d’acqua, seguite da tetto e pavimenti nuovi; è stata ripristinata l’apertura della Porta Santa e aggiornato il presbiterio alla liturgia così da avere l’altare verso l’assemblea. Ma la cosa più importante ed essenziale fu il ripristino della cripta che venne trabsidata, liberata dallo strato di intonaco che nascondeva la struttura originale in pietra e collegata al presbiterio tramite una scalinata. Gli ultimi due interventi recenti risalgono al 2020: l’inaugurazione della nuova illuminazione e la benedizione della campana di San Giuseppe, realizzata dalla Fonderia Pontificia Marinelli di Agnone. La campana è in bronzo e ha un peso di 300 kg, con un diametro di 75 cm. Presenta l’effige di San Giuseppe, due fasce ornamentali e gli stemmi di Papa Francesco, del Vescovo, del Parroco e del Comune di Guardialfiera.


LA CHIESA OGGI

  • La chiesa, esternamente ,presenta quattro ingressi :

  1. Il primo ingresso è il portale barocco (che è anche quello principale) datato 1789, lato nord-ovest;
  2. Il secondo ingresso è la Porta Santa, dove si accede alla chiesa tramite una scalinata, dato il dislivello della strada in forte pendenza. E’ una delle porte più antiche della cristianità;
  3. Il terzo ingresso è il portale laterale sud-ovest, anch’esso barocco, datato 1761, che fiancheggia il portale gotico murato;
  4. Il quarto ed ultimo è l’ingresso alla cripta da sud-est (cripta utilizzata per la rappresentazione della natività durante le giornate dedicate al presepe vivente), risalente al XVIII secolo, originariamente preceduto da un altro ingresso (il portale gotico murato) sul lato nord-est della chiesa.

 

  • Le aree principali della chiesa sono l’Area presbiterale, dove sono visibili le arcate corrispondenti all’impostazione a tre navate dell’antica chiesa, e l’Area assembleare.

 

  • All’interno della chiesa sono presenti tre altari:
  • L’Altare maggiore, un altare barocco in marmi policromi, risalente al 1740, situato al centro dell’area presbiterale ed utilizzato per il normale svolgimento della messa;
  • I due Altari laterali, che fanno parte della ricostruzione generale della chiesa, avvenuta tra il 1851 e il 1855.

 

  • Le strutture più importanti e antiche della chiesa sono le seguenti:
  •  L’Acquasantiera,  con all’interno un serpente strisciante, simbolo del male sul quale si sovrappone l’acqua santificatrice;
  • Il Fonte battesimale, formato da due pietre poste su di un piede. Presenta la seguente scritta: ” HOC SUMPTIBUS ECCLESIAE FACTUM EST PROCURANTE ARCHIPRESBITERO EPO IUBENTE ANNO D. 1537 ” che tradotta dal latino recita ” Fu costruito a cura dell’arciprete, per volontà del vescovo, nell’anno del Signore 1537″, seguita dallo stemma vescovile;
  • Le pietre più antiche della chiesa presenti lungo le mura, che ne circoscrivono il perimetro. Esse sono state lavorate a mano ed importate in antichità da atri siti: la possibile datazione non va oltre l’ VIII secolo.
  • Il culto dei Santi gioca un ruolo fondamentale nella fede popolare, questo ha favorito la produzione di statue ad essi dedicate. In chiesa ne troviamo diverse, ricche di colori e spettacolarità:
  • La statua lignea dell’Immacolata Concezione, realizzata nel 1755;
  • La statua di S. Nicola di Bari, realizzata nel 1877;
  • L’Urna di S. Gaudenzio;
  • Statua della Madonna Addolorata;
  • Statua di Sant’Antonio;
  • Gesù morto;
  • Il cuore di Gesù.

Nel 1725, inoltre, fu realizzato a Sulmona l’organo, presente sul lato nord-ovest della chiesa.

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SAN GAUDENZIO

STORIA

Sulla storia di San Gaudenzio, patrono di Guardialfiera, sono pochissimi i dati certi, moltissimi quelli incerti e sconosciuti. Certo è che nel gennaio del 1751 don Achille d’Elisiis, l’arciprete di Guardialfiera, andò a Roma per avere dal Papa Benedetto XIV le reliquie di un Santo. Si recò perciò nelle catacombe di Santa Priscilla e qui ebbe le ossa di un santo martire al quale diede il nome di Gaudenzio perché desse gioie e grazie al popolo guardiese. Messe le sacre reliquie in una cassetta di legno, si recò a Napoli dove l’aspettava l’abate don Oronzio Zappi. Andarono poi nel palazzo a Napoli del marchese di Guardialfiera e fecero benedire le sante reliquie dal vescovo Vito Moio di Muro Lucano e le deposero in una splendida urna d’argento. Nel pomeriggio di mercoledì 7 di aprile l’urna del Santo arrivò a Guardialfiera. Giunse dalla “via della montagna” e tutto il popolo gli andò incontro al “passo della Calcara”. Arrivata la processione davanti alla Cattedrale, prima di entrarvi, l’arcidiacono don Rocco Carlino, l’arciprete don Achille d’Elisiis e tutti gli altri membri del Capitolo proclamarono San Gaudenzio Patrono principale di Guardialfiera, stabilendo altresì di celebrarne perpetuamente la ricorrenza “con ogni espressione di giubilo e di allegrezza” il 1° giugno di ogni anno.

La festa del patrono è ancora oggi celebrata il primo di giugno e in concomitanza vi è la cerimonia di apertura della Porta Santa: due eventi particolarmente significativi per la comunità guardiese.

L’URNA DI SAN GAUDENZIO

L’urna d’argento con le sacre ossa del Patrono San Gaudenzio martire, si trova nella nicchia, contornata da fregi in pietra, opera dello scultore Renato Chiocchiodi Oratino -anno 2011. All’interno dell’urna vi è un documento che attesta che le ossa di San Gaudenzio, tratte dalle catacombe di Priscilla e date in dono alla chiesa di Guardialfiera da Papa Benedetto XIV, furono riposte nell’urna dal vescovo di Muro Lucano, monsignor Vito Moio. Il suddetto documento così riporta: “Sacra Corporis Invicti Martyris Xti Gaudentii Caput et Ossa ac Cineres hic jacent quae SS. D. N. P. B.tus XIV Sacrosanctae Cattedrali Eccl.ae Civitatis Guardialpheriae dono dedit ex coemeterio Priscillae extracta. Dein Neapoli ad preces Capituli Guardien, Civiumque in hac praetiosa argentea urna per Dignissimum Ep.um Muranum Vitum Moio sita, deposita, collocata adorate, recolite Cives, Populique Guardienses exterique”.

 

CURIOSITA’: I CINQUE MIRACOLI DI SAN GAUDENZIO

Sono cinque testimonianze di altrettanti “miracoli” raccolte il 18 aprile 1751 dal notaio Leonardo de Quiciis. I miracolati dichiarano al notaio e davanti a testimoni come, sofferenti da anni di vari malanni, abbiano riacquistato “la pristina sanità” dal Signore Iddio per intercessione di San Gaudenzio.

  • Tra la folla che si riversa nella cattedrale dopo il solenne ingresso dell’urna vi è Antonia Colacicco, di Colle d’Anchise, ma da più anni residente a Guardialfiera, che “… da circa quattro anni …è stata travagliata da dolore di sciatica, avendo perso in una coscia il moto e resa per tal causa affatto inabile sì al poter camminare com’anche reggersi all’impiedi…”.
    Si è fatta condurre in chiesa con una segreta speranza. Fatto voto a San Gaudenzio, lo prega umilmente e fervidamente di ottenere dal Signore Iddio la guarigione dal suo male. E mentre prega si sente guarita, si alza e si mette a camminare per la chiesa fra lo stupore di tutti i presenti.
  • San Gaudenzio, già prima del suo arrivo a Guardialfiera compie un miracolo. Barbara Principe di Guardialfiera da più di un anno è afflitta da atroci dolori conseguenti ad un “infelice parto”. I canonici, durante una apposita cerimonia religiosa in cattedrale, hanno annunziato al popolo che il Signore Iddio si è degnato di onorare la città “…per sua infinita misericordia…” col sacro corpo del glorioso martire di Gesù Cristo San Gaudenzio e che i sacri resti stanno per giungere a Guardialfiera.
    Barbara Principe apprende tutto questo dal marito e nel clima di religiosa attesa, pervasa da profonda fede, prega perché guarisca o muoia e fa voto al santo “… nel caso gli ottenga la bramata sanità…” di andargli incontro al suo arrivo a piedi “scalzi e nudi”.
    Prega con fervore e guarisce!
    E nel giorno dell’arrivo di San Gaudenzio adempie al voto; gli si reca incontro “a piedi scalzi e nudi al Vallone della Foresta al Passo della Calcara”.
  • La notizia dell’arrivo dei sacri resti di San Gaudenzio a Guardialfiera si sparge per tutta la diocesi. Ad Acquaviva Carlo Natarelli, colpito da emiplegia ad un piede ed al braccio sinistro “…sì da non potersi reggersi in piedi, né muovere il braccio stesso…”, apprende dell’arrivo del sacro corpo di San Gaudenzio a Guardia e infervorato si butta faccia a terra e prega il santo martire d’intercedere presso il Signore Iddio per la sua guarigione. Il tredici di aprile si reca a Guardialfiera accompagnato da compaesani, entra nella cattedrale e mentre prega davanti all’altare maggiore dove è stata deposta la sant’urna, “…s’intese per la persona un calore ed un impulso ad alzarsi…” e, completamente guarito, prende a camminare per la chiesa e a muovere il braccio malato fra lo stupore dei presenti e dei compaesani che lo avevano accompagnato ed aiutato durante il viaggio.
  • Anche a Palata la notizia dell’arrivo dei Sacri Resti di San Gaudenzio suscita giubilo e speranze. Leonardo di Stante “… da circa sei mesi che continuamente è stato travagliato nelle giunture del ginocchio sinistro sotto del quale gli si è formato un grandissimo tumore con uno spasmodico dolore, senza poterlo affatto toccare, né muoverlo…”, fa voto al santo martire, si reca a cavallo a Guardialfiera ed in chiesa, davanti all’altare maggiore ove è stata collocata l’urna del santo, si butta faccia a terra piangendo e pregando di essere guarito. E proprio mentre dal sacerdote si eleva la sacrosanta Ostia Consacrata, Leonardo di Stante sente il ginocchio muoversi e l’impulso ad alzarsi e si mette a camminare.
  • Anche Tommaso di Santo, pure di Palata, “… da due anni continui è stato costretto a giacere nel letto a causa di continui dolori e tremori alle ginocchia non potendo affatto sostenersi all’impiedi, neppure appoggiato…”, apprende dell’arrivo a Guardialfiera del glorioso martire San Gaudenzio e decide di farsi condurre nella città ed in cattedrale.
    Qui, davanti alle sacre reliquie fa voto, prega e piange: chiamato un canonico della cattedrale si confessa e prende la comunione, si fa ungere le ginocchia con l’Olio Santo e subito “… intese un gran calore nelle giunture e gridando grazia ad alta voce, s’alzò all’impiedi e senza appoggio veruno, principiò a camminare per la chiesa con gran stupore de circostanti…”.

 

BOSCO DI GUARDIALFIERA

Il bosco di Guardialfiera si estende per 649.68.05 ettari e si suddivide in: bosco ceduo San Nazario e bosco San Martino di ettari 624.29.85, bosco ceduo Licenelle di ettari 21.48.50 e bosco ceduo Foresta di ettari 3.89.70. La specie arborea dominate è la quercia, seguono il cerro, il carpino, l’acero, il frassino e il rovere. I boschi più importanti, dal punto di vista turistico e dalle dimensioni, sono quello di San Martino e quello di San Nazario. Il bosco di San Martino, appartenente al comune di Guardialfiera dal 1699, si estende dal confine con i terreni di Lupara a quelli di Civitacampomarano e comprende parte della Montagna. Il Vallone delle Forche separa il bosco di San Martino dal bosco di San Nazario.

Del bosco di San Nazario ne troviamo nota come feudo della rationes decimarum Italie Aprum – Molisium, fin dal 1309. In questa contrada vi era una chiesa e un convento annesso, intitolati proprio a San Nazario. I sentieri del bosco permettono una completa immersione nella natura e di godere della vista del lago di Guardialfiera. Si trovano poi aree attrezzate per pic-nic e area giochi per bambini. Proprio per questi motivi il bosco è un’importante risorsa e attrazione turistica. Di questa chiesa non restano che dei ruderi, ma è certo che l’Arciprete di questa Chiesa partecipò ai Sinodi diocesani di Guardialfiera nel 1529 e nel 1581. Il feudo di S. Nazario, prima autonomo, fu poi acquistato dall’Università di Guardialfiera nel 1564, come attestava una lapide incastonata in una parete del vecchio campanile della Cattedrale, la quale andò in frantumi quando quel campanile fu abbattuto nel 1845. In tempi lontani c’era stato anche un piccolo convento annesso alla Chiesa. L’area boschiva al nord del paese conserva ancora oggi la denominazione di “bosco S. Nazario”.